Per iniziare partiamo con questa simpatica figura retorica (lo zeugma, appunto), costituita solitamente da un verbo che regge due o più complementi, dei quali uno solo è propriamente retto, nella lingua comune, dal verbo di cui sopra.
Un esempio per chiarire:
Poi cominciò: "Tu vuo' ch'io rinovelli
disperato dolor che 'l cor mi preme
già pur pensando, pria ch'io ne favelli.
Ma se le mie parole esser dien seme
che frutti infamia al traditor ch'i' rodo,
parlare e lagrimar vedrai insieme.
(Inferno XXXIII 4-9)
Lo zeugma sta nell'ultimo verso, dove il verbo "vedrai" è semanticamente adatto sì a "lagrimar", ma non a parlare (che sarebbe più propriamente retto da qualcosa come "udirai", "sentirai" o simili). Senza voler fare i conti in tasca a Dante, l'effetto ottenuto dal poeta, per conto mio, è quello di rendere indissolubilmente legati - quasi coincidenti - il discorso e il pianto del conte Ugolino, il personaggio che pronuncia queste parole.
Aspetto commenti su questo zeugma e nuovi esempi di questa figura, tratti dalla letteratura o da altri tipi di testo...
mercoledì 14 febbraio 2007
Benvenuti

Questo è il mio forum dedicato alle figure retoriche!
Cominciamo con una citazione: "Io non scrivo per gente che non crede né allo stile né all'analisi; secondo me questi cotali restano nel novero degli imbecilli che si credono persone superiori" (G. PASQUALI, Storia della tradizione e critica del testo, Firenze 1988, p. 202, n. 2 [Pasquali è quello della foto qui a sinistra...])
Cominciamo con una citazione: "Io non scrivo per gente che non crede né allo stile né all'analisi; secondo me questi cotali restano nel novero degli imbecilli che si credono persone superiori" (G. PASQUALI, Storia della tradizione e critica del testo, Firenze 1988, p. 202, n. 2 [Pasquali è quello della foto qui a sinistra...])
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